Sempre più persone si dedicano ad un’attività fisica costante e ad alta intensità. Gli sportivi in particolar modo, si allenano quotidianamente, prediligendo spesso esercizi ad altissimo impatto. Cresce il numero di atleti, e soprattutto di runners, che scelgono il cross training, un allenamento trasversale che, combinando sport differenti, mira al rafforzamento generale e ad una preparazione fisica tale da consentire il raggiungimento di obiettivi a breve e lungo termine. Chi si dedica con costanza allo sport lavora in modo da stimolare tutti i distretti muscolari, ottimizzando così le proprie prestazioni, che andranno a crescere col trascorrere del tempo. L’obiettivo comune è ottenere uno sviluppo fisico e fisiologico che consenta loro di far fronte, in maniera ottimale, ad intensità di gara sempre più elevate.
Il jogging e la corsa agonistica si sono diffusi a ritmo esponenziale. Se da un lato tanti sono i benefici apportati in termini di benessere generalizzato e maggiori prestazioni fisiche, parallelamente sono aumentate le lesioni a carico delle gambe, riguardanti anche tendiniti, contratture al polpaccio, fratture da carico, soprattutto a tibia e perone, rispettivamente l’osso più grosso e l’osso più piccolo della gamba. Ma perché proprio il piede è interessato da così tanti infortuni? Semplicemente perché sorregge il peso del corpo. I podisti principianti, ad esempio, soffrono molto di fascite plantare, un dolore nella sede di inserzione della fascia plantare al calcagno, non di rado affiancato da dolenzia e torpore del tallone. Quando invece, nell’atto della corsa o della marcia, si sovraccarica eccessivamente il piede o l’avampiede, si può andare incontro alla cosiddetta frattura da marcia.
Il carico eccessivo imposto ad ossa e muscoli li rende però passibili di traumi. C’è da aggiungere inoltre che atleti poco allenati o con poca esperienza, possono eseguire i gesti atletici in maniera scorretta o in condizioni non ottimali, condizioni ideali per produrre danni al proprio organismo. Sono le cosiddette lesioni da sovraccarico funzionale, che dipende da una sollecitazione articolare sproporzionata e/o eccessivamente ripetuta. A queste vanno aggiunte le lesioni traumatiche, solitamente conseguenza di un movimento disfunzionale ben definito, come un colpo o una caduta.
Tra i traumi sportivi più comuni annoveriamo la lussazione, che comporta la perdita dei rapporti tra i capi ossei di un’articolazione. In parole semplici, due ossa subiscono una brusca separazione: “completa” se le due superfici articolari coinvolte perdono totalmente il loro rapporto, “incompleta” quando le due superfici mantengono almeno un minimo di contatto (sublussazione). Può capitare che oltre alla lussazione si verifichi uno strappo di un legamento dell’articolazione, con un dolore intenso causato dallo stiramento dei tessuti molli. Quando l’osso rotto non fuoriesce, si parla di “frattura semplice”; quando invece si verifica esposizione dell’osso, si parla di “frattura esposta”.
La situazione si complica quando contemporaneamente a questi infortuni, già di per sé piuttosto importati, si verificano stiramenti e lacerazioni delle strutture circostanti o, peggio ancora, vengono intaccate strutture vascolari e/o nervose.
Quali sono le parti del corpo più soggette a frattura?
Indubbiamente quelle che tendiamo a caricare di peso più delle altre parti. Tra queste figura la caviglia: quando parliamo di caviglia fratturata, indichiamo che una o più ossa dell’articolazione della caviglia sono rotte. La frattura può avere diverse entità, potendo contemplare la rottura di un singolo osso o la rottura di più ossa che producono una lussazione, spostando la caviglia dalla sua naturale posizione. La lussazione è una frattura grave che inibisce la deambulazione per un paio di mesi. Si può intuire facilmente che più ossa sono coinvolte dalla frattura, più diventiamo instabili. Nella frattura della caviglia possono essere interessati anche i legamenti, quelli che tengono le ossa della caviglia e l’articolazione in posizione. Non esiste un’età in cui si è maggiormente soggetti, giacché l’attività fisica anche ad alto impatto, riguarda sia la popolazione giovane che più anziana. Ovviamente un anziano che subisce una frattura alla caviglia presenterà problematiche ben diverse da un giovane nelle medesime condizioni.
La frattura della caviglia coinvolge due articolazioni, ovvero la caviglia stessa, dove tibia, perone e astragalo si incontrano, e la sindesmosi, che rappresenta la congiunzione tra tibia e perone, tenuta insieme da legamenti. Nello specifico, sono spesso fratturati entrambi i malleoli, quello tibiale interno e quello peroneale esterno. Non bisogna tuttavia trascurare l’impatto sulla cartilagine, la parte più fragile e delicata. Trattandosi di una sorta di gel riccamente idratato, in caso di frattura, si schiaccia e si spezza.
Una caviglia fratturata può causare lo stesso dolore di una grave distorsione, motivo per cui è sempre preferibile rivolgersi ad un medico specializzato.
Qual è la sintomotologia di una frattura di caviglia?
- dolore forte e immediato
- gonfiore
- ematoma
- nausea
- impossibilità di caricare il piede coinvolto
- deformazione dell’articolazione (soprattutto in caso di lussazione).
Frattura di caviglia: in che modo guarisce?
Ecco come avviene la guarigione della frattura di caviglia:
- L’ematoma su citato racchiude la fibrina, una proteina che svolge un ruolo fondamentale nel processo di coagulazione del sangue. Oltre che nella coagulazione, la fibrina si forma nel corso dei processi infiammatori alla periferia del focolaio infiammatorio e nel lume dei capillari e delle venule: in questo modo viene bloccato nel coagulo l’agente responsabile dell’infiammazione.
- La fibrina “incolla” i frammenti di frattura e viene supportata nella sua azione della stabilizzazione della frattura che il chirurgo effettua usando placche e viti. A distanza di giorni, la parte liquida del versamento viene riassorbita con conseguente sgonfiamento della caviglia. Si tratta di un periodo delicatissimo, dal momento che la rete che ricopre le ossa fratturate, creata dalla fibrina, è percorsa dai capillari che portano ossigeno, globuli rossi e nutrimento ai frammenti di frattura. Bisogna pertanto usare estrema cautela al fine di far sgonfiare l’arto.
A distanza di un mese, comincia la formazione del “callo osseo”, un ponte fibroso ricco di cellule staminali che collega i frammenti della frattura della caviglia. L’osso acquisterà progressivamente forza e robustezza maggiori grazie ai minerali di calcio e fosfato che si depositeranno sul callo osseo; nel contempo le cellule saranno diventate osteociti, le vere e proprie cellule dell’osso che si è riformato.
I legamenti lacerati si riparano allo stesso modo: la fibrina ne incolla i frammenti, cicatrizzandosi. Le cellule staminali, precocemente mobilizzate, possono così formare i nuovi legamenti.
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Il Dott. Andrea Scala ha conseguito il suo diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso la Università Cattolica del S. Cuore – Policlinico “A. Gemelli” di Roma con la discussione della tesi sperimentale, elaborata presso l’Istituto di Clinica Ortopedica diretta dal Prof. G.F. Fineschi, dal titolo: “Studio delle modificazioni cellulari indotte dai metalli di comune impiego in Chirurgia Ortopedica”, riportando il massimo dei voti. E’ specialista in Traumatologia e Ortopedia, specialista in Medicina dello Sport. Dal 1984 al 1988 è stato Assistente del Prof. Pisani nell’Ospedale di Alba (CN), il primo in Italia specializzato nella cura delle patologie della Caviglia e del Piede. Il Dott. Andrea Scala nel 1998 ha impiantato per primo la Protesi di Caviglia a Roma. Grazie ai numerosi anni di esperienza nel settore, alla formazione continua e alla pratica chirurgica effettuata in prestigiosi Centri Ospedalieri e Universitari italiani ed esteri, il Dott. Scala garantisce ai propri pazienti risultati eccellenti, ottenuti attraverso tecniche chirurgiche innovative, accurati studi sul singolo caso clinico e attuazione di terapie di ultima generazione per agevolare e accelerare la rigenerazione dei tessuti. I trattamenti per cui è specializzato sono:
Protesi caviglia
Piede paralitico
Malattia di Haglund
Alluce valgo
Legamenti della caviglia
Alluce rigido
Piede piatto
Neuroma di Morton
Il Dott. Scala è l’unico chirurgo ortopedico specialista italiano iscritto alla Società Francese di Chirurgia della caviglia e del piede. Svolge la propria attività professionale presso la Casa di Cura ARS MEDICA in Via Cesare Ferrero di Cambiano, 2900191 ROMA. Prenota una visita specialistica al numero +39 335 766 2164 o invia una mail all’indirizzo info@footsurgery.it.
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