I neurologi, i neurochirurghi, i fisiatri, e la riabilitazione curano un cervello devastato dall’Ictus. I risultati non arrivano perché si richiede al cervello una ripresa che non potrà dare. Le cure impiegano anni con grande sacrificio dei malati e delle loro famiglie. Il motivo del fallimento è che il cervello non ha più il collegamento con i nervi periferici. L’intervento per il piede equino è efficace perché non entra nel meccanismo “cerebrale”. L’intervento per il piede equino si deve fare precocemente per migliorare l’equilibrio e la deambulazione.

Invece al povero paziente si richiedono cose impossibili e viene pure colpevolizzato perché non risponde alle terapie. Intanto passano gli anni nella sofferenza e nella umiliazione.

L’ictus è una malattia grave?

L’ictus è una malattia gravissima. Basti pensare che una elevata percentuale dei malati di ictus muore al momento dell’attacco molto grave. Una buona percentuale sopravvive grazie a cure sempre più sofisticate e anche perché l’attacco è meno grave.

Che cosa succede al paziente che sopravvive all’ictus?

La gravità dell’ictus di pende dalla area che è stata colpita dalla emorragia o dalla ischemia. Il paziente colpito nei nervi cranici riporta seri deficit sensoriali, visivi, auditivi dovuti ai danni centrali. Generalmente i pazienti post – stroke recuperano le funzioni cerebrali centrali, ma subiscono gravi danni all’apparato muscolo-scheletrico.

Il piede equino – varo – supinato è la presentazione clinica più caratteristica del paziente sopravvissuto all’ictus. I pazienti, soprattutto giovani, recuperano piuttosto bene dall’ictus cerebrale. Sono solitamente pazienti lucidi, motivati e collaborativi. Questo gruppo di pazienti sono i candidati ideali per l’intervento correttivo del piede equino.

Dopo un periodo di rieducazione alla deambulazione di sei mesi, quando si vede l’assenza di risultati apprezzabili questi pazienti dovrebbe essere operati chirurgicamente per correggere il piede equino e mettere il piede bello diritto su cui camminare. Ma purtroppo questi pazienti non vengono informati correttamente e non vengono indirizzati alla correzione chirurgica. I neurologi, i neurochirurghi, i fisiatri, e la riabilitazione non effettuano l’inquadramento clinico e viene così negata la correzione precoce della deformità.

I pazienti che potrebbero beneficiare della correzione chirurgica del piede equino, con beneficio rapido ed immediato vengono invece tenuti nella moltitudine della riabilitazione indifferenziata di massa.

PIEDE-POST-ICTUS-1.jpeg

La foto mostra la visione anteriore del paziente che ha subito l’ictus. L’anca ed il ginocchio sono flessi. Il piede e la caviglia sono deformati in equino-varo-supinato a causa della paralisi cerebrale. Il paziente non riesce a rimanere stabilmente in equilibrio.

 

piede-post-ictus-2.jpeg

La foto mostra la visione posteriore del paziente che ha subito l’ictus. L’anca ed il ginocchio sono flessi. Il piede e la caviglia sono deformati in equino-varo-supinato a causa della paralisi cerebrale. Il paziente non riesce a camminare da solo senza appoggio o senza aiuto.

 

Che cosa accade al cervello nel caso di ictus?

E’ come se il paziente venisse colpito alla testa da un proiettile. Le arterie e le vene si rompono e il sangue invade il cranio. Il cervello vorrebbe espandersi perché il volume aumenta istantaneamente. Ma la scatola cranica è chiusa e il cervello soffre sempre di più per la grande compressione. I neuroni della corteccia cerebrale sono le prime a soffrire per la mancanza di ossigeno e per la compressione, cioè la parte in assoluto più delicata e preziosa del corpo umano.

A che cosa porta il danno delle cellule cerebrali?

Le cellule cerebrali sono insostituibili, quando muoiono non si rigenerano. Le funzioni delle cellule cerebrali morte non si possono ripristinare. Sono perdute per sempre. Le cellule cerebrali non possono essere trapiantate e non possono essere riprodotte in laboratorio. Sbaglia ed è in malafede chi dice che può avvenire una “rigenerazione” oppure “neuroplasticità”.

Quali sono le conseguenze dell’ictus?

Le conseguenze dell’ictus sono molto gravi.  Dal momento che il cervello  controlla il funzionamento di tutto l’organismo il danno viene valutato considerando il numero delle cellule morte e le aree interessate.

cervello-interrotto-post-icutus-3.jpeg

Questa immagine PET scan illustra la localizzazione e l’entità dell’emorragia cerebrale. Le cellule cerebrali, i prolungamenti e le connessioni (neuroni, dendriti e sinapsi) sono morte. Lo schema mostra che dopo l’ictus il cervello è isolato e non può comunicare con la periferia.

Che cosa accade ai muscoli degli arti?

Il paziente sopravvissuto all’ictus presente il caratteristico quadro clinico della “emiplegia”. La metà del corpo controlaterale alla sede dell’ictus è colpita dalla paralisi. Alcuni muscoli vanno incontro alla paralisi flaccida perché sono morte le cellule cerebrali che controllano il movimento volontario. Altri muscoli sono spastici e presentano una contrazione incoercibile perché non è presente il riflesso inibitorio da cui vengono normalmente controllati.

SISTEMA-NERVOSO-INTERROTTO-post-ictus-4.jpeg

Questa immagine PET scan illustra la localizzazione e l’entità dell’emorragia cerebrale in un emisfero cerebrale. L’emisfero è stato privato delle vie nervose che passano dalla metà opposta del corpo. Gli impulsi nervosi e le vie di comunicazione verso il midollo  sono definitivamente perdute. Questo è il motivo della paralisi della metà del corpo opposta alla emorragia (emiplegia). Gli arti non ricevono più gli ordini per il corretto coordinamento motorio. La paralisi costringe gli arti ad assumere il caratteristico aspetto clinico della emiplegia.

 

Che cosa succede all’arto superiore?

L’arto superiore presenta forme cliniche molto variabili. Nei casi particolarmente gravi che il paziente non  riesce ad usare l’arto superiore paralitico. Nei casi più lievi l’arto superiore può riprendere alcune funzioni. Ma nella pratica clinica si verifica che l’arto superiore resta perlopiù inutilizzato.

Che cosa succede all’arto inferiore?

Il piede equino – varo – supinato è rappresenta il quadro clinico che rappresenta il dramma degli esiti dell’ictus. La muscolatura degli estensori anteriore è paralizzata, mentre i muscoli del polpaccio funzionano incontrastati. Per questo la punta del piede è voltata verso il suolo. Il paziente non riesce ad appoggiare il calcagno. La muscolatura peroneale (lato esterno) è paralitica. La muscolatura tibiale (lato interno) è spastica. Per questo motivo il piede è voltato verso l’interno e con la pianta rivolta verso l’alto.

Anche l’anca  è deformata in flessione, così come il ginocchio.

Perché si deve operare piede equino – varo – supinato dopo l’ictus?

L’intervento correttivo del piede equino – varo – supinato è un intervento riparativo  che è del tutto indipendente dal danno cerebrale. Il danno del cervello e le conseguenze della paralisi non vanno confuse. L’intervento comporta l’equilibrio dei tendini della caviglia e del piede. Dopo l’intervento il piede non appoggia più solo con la punta e sul bordo esterno. La pianta del piede appoggia al suolo. Il calcagno appoggia al suolo. L’appoggio al suolo è più stabile. La deambulazione è più sicura. Il paziente è incoraggiato dal risultato, toglie quella orribile “molla di Codivilla”. Il paziente riprende ad essere più autonomo, meno “invalido” e meno dipendente dagli altri in tutto e per tutto.

Perché  neurologi, i neurochirurghi, non fanno operare il piede equino?

I neurologi, i neurochirurghi, curano un cervello devastato dall’Ictus. Si capisce che è un impegno di vitale importanza proprio perché salva le vite. Ma gli specialisti del “sistema nervoso centrale” spesso perdono di vista ciò che accade in “periferia”. Una volta che il paziente ha superato la fase critica e le conseguenze si sono stabilizzate i neurologi, i neurochirurghi perdono interesse al caso e affidano i pazienti post-ictus ad altre competenze e ad altre strutture quali i fisiatri, e il sistema della riabilitazione nel suo insieme.

Perché  i fisiatri, e la riabilitazione non fanno operare il piede equino?

Il motivo principale è che il “cervello” è talmente importante che occupa tutta la visuale clinica. Tutti sono concentrati sul danno cerebrale e sulle conseguenze che ha comportato per il paziente. Tutti gli sforzi sono nella direzione della ripresa del cervello. Tutta la riabilitazione si basa sulla vana speranza che il cervello può “ri-connettersi”  e “ri-collegarsi” con il corpo. Ma questo è un grande equivoco perché manca la consapevolezza della perdita definitiva dei collegamenti tra corteccia cerebrale e il resto dell’organismo.

Perché c’è questa idea del ripristino dei collegamenti del cervello?

Ai neurologi, ai neurochirurghi, ai fisiatri, e alla riabilitazione nel suo insieme manca la percezione del danno cerebrale dopo l’ictus. Si sente parlare ancora del processo di “neuroplasticità” degli anni ’60. Ma è un processo biologico immaginato da un certo Perfetti, privo di ogni evidenza. Il Perfetti, ed altri medici formatisi negli anni ’30, hanno inteso creare il parallelismo tra danno cerebrale infantile, in cui il cervello mostra margini di ripresa funzionale, e danno cerebrale in età adulta. Ma nella età adulta la rigenerazione dei neuroni, dei dendriti e delle sinapsi è impossibile. Cosi come è impossibile ripristinare il collegamento delle vie cerebro-talamo midollari, del lemnisco mediale, del lemnisco laterale, della via spino talamica cerebellare ecc. ecc. con il midollo spinale. C’è un “consensus” unanime su questo tema da parte del mondo scientifico internazionale.

Ci sono studi scientifici che dimostrano l’impossibilità del collegamento tra il cervello e la periferia dopo l’ictus?

L’esame clinico del paziente post-ictus è chiaro da secoli. L’attacco dell’ictus è stato descritto da Giovanni Battista Morgagni alla fine del …

Il colpo d’ascia finale alla fantasiosa ipotesi della “neuroplasticità” di Perfetti è stata data dagli studi e dagli studi che sono stati eseguiti in questi ultimi anni.

Un grande scienziato come Rodolfo R. Llinas ha pubblicato fondamentali lavori scientifici che negano il ripristino dell’attività elettrica dei neuroni cerebrali danneggiati dall’ictus.

Intrinsic electrical properties of mammalian neurons and CNS function: a historical perspective

Rodolfo R. Llinás

Front Cell Neurosci. 2014; 8: 320.

A che cosa è dovuto l’equivoco?

Si deve ricordare che scienziati e studiosi come Jean Martin Charcot e Sigmund Freud erano neurologi. Nel secolo scorso lo studio del cervello era uno dei motivi più vitali dello sviluppo della medicina. A quell’epoca risale l’equivoco di studiare la anatomia e la patologia del cervello insieme con la psicologia. Per capire il grado di confusione basti pensare che la specializzazione in Neuro-Psichiatria era in vigore fino al 1980. Solo il progresso che ha compiuto la Medicina ha spezzato questo legame non scientifico. E’ stato ora stabilito che la Neurologia deve curare la parte delle malattie organiche del cervello, mentre la Psichiatria deve curare la parte delle turbe della psiche.

neurologo-sigmund-freud-5.jpeg

Il Neurologo Sigmund Freud ha rappresenta il passaggio culturale che ha compiuto lo studio del cervello umano. Grazie ai suoi fondamentali lavori si è compresa la necessità della scissione tra Neurologia e Psichiatria.

 

Esistono ancora medici che cadono in questo equivoco?

Persone come Perfetti, Bobath, Mezieres, Woita hanno studiato in un tempo antico, quando ancora vigeva la confusione nella medicina. Hanno elaborato nei decenni passati metodi che confondono la parte organica e biologica con la parte psichica del pensiero. La cosa grave è che questo equivoco viene sostenuto tuttora dalla Riabilitazione. I professionisti della Riabilitazione sono rimasti all’epoca in cui la parte organica e biologica del cervello era confusa con la parte psichica. L’equivoco di considerare il cervello un tutto unico  perdura in tempi recenti.

Quali sono le conseguenze attuali di queste teorie obsolete?

Le conseguenze negative ricadono tutte sui poveri pazienti e sulle loro famiglie. In realtà non esiste una “facilitazione” che possa ripristinare il movimento all’arto paralitico. In definitiva i metodi di Perfetti, Bobath, Mezieres, Woita altro non sono che una mobilizzazione articolare. Buona solo per evitare la anchilosi articolare degli arti paralitici. Nella vana attesa di una “rigenerazione delle fibre nervose”, della “neuroplasticità” Dello “sprouting dei neuroni” rimaniamo alla presenza di obbiettivi confusi, protocolli indefiniti e soprattutto una assoluta mancanza di scadenze prefissate e controllo dei risultati.

Perché il paziente continua a soffrire?

Il paziente è stato devastato dall’ictus come da un colpo di rivoltella. Dopo essere sopravvissuto grazie alla propria spontanea ripresa organica viene tenuto in uno stato cronico di invalidità senza via d’uscita e senza prospettive. I risultati della riabilitazione non arrivano perché non possono arrivare. Si richiede al cervello una ripresa che non potrà avvenire perché il cervello non potrà mai ricostruire le comunicazioni anatomiche distrutte dall’emorragia oppure dalla ischemia. Il fisiatra e il fisioterapista richiedono al paziente di muovere gli arti usando una “forza del pensiero” una “spinta ideativa” a metà tra la magia e la suggestione.

Le cure affaticano il paziente per anni con grande sacrificio dei malati e delle loro famiglie. Il motivo del fallimento è che il cervello non ha più il collegamento con i nervi periferici. Al povero paziente si richiedono cose impossibili e viene pure colpevolizzato perché non risponde alle terapie. Intanto passano gli anni in una sofferenza ed in una umiliazione che accomuna il paziente alla sua famiglia.

L’intervento chirurgico correttivo è un passaggio importante nella riabilitazione del paziente post – ictus.

L’intervento correttivo del piede equino – varo – supinato va tenuto distinto e separato dal trattamento del danno cerebrale. L’intervento comporta il riequilibrio dei tendini della caviglia e del piede. Dopo l’intervento il piede non appoggia solo con la punta e sul bordo esterno. La pianta del piede appoggia al suolo. Il calcagno appoggia al suolo. L’appoggia al suolo è più stabile. La deambulazione è più sicura. Il paziente è incoraggiato dal risultato, toglie quella orribile “molla di Codivilla”. Il paziente riprende ad essere più autonomo, meno “invalido” e meno dipendente dagli altri in tutto e per tutto.

Contatta Il Dott. Andrea Scala

Il Dott. Andrea Scala ha conseguito il suo diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso la Università Cattolica del S. Cuore – Policlinico “A. Gemelli” di Roma con la discussione della tesi sperimentale, elaborata presso l’Istituto di Clinica Ortopedica diretta dal Prof. G.F. Fineschi, dal titolo: “Studio delle modificazioni cellulari indotte dai metalli di comune impiego in Chirurgia Ortopedica”, riportando il massimo dei voti. E’ specialista in Traumatologia e Ortopedia, specialista in Medicina dello Sport. Dal 1984 al 1988 è stato Assistente del Prof. Pisani nell’Ospedale di Alba (CN), il primo in Italia specializzato nella cura delle patologie della Caviglia e del Piede. Il Dott. Andrea Scala nel 1998 ha impiantato per primo la Protesi di Caviglia a Roma. Grazie ai numerosi anni di esperienza nel settore, alla formazione continua e alla pratica chirurgica effettuata in prestigiosi Centri Ospedalieri e Universitari italiani ed esteri, il Dott. Scala garantisce ai propri pazienti risultati eccellenti, ottenuti attraverso tecniche chirurgiche innovative, accurati studi sul singolo caso clinico e attuazione di terapie di ultima generazione per agevolare e accelerare la rigenerazione dei tessuti. I trattamenti per cui è specializzato sono:

Protesi caviglia
Piede paralitico
Malattia di Haglund
Alluce valgo
Legamenti della caviglia
Alluce rigido
Piede piatto
Neuroma di Morton

Il Dott. Scala è l’unico chirurgo ortopedico specialista italiano iscritto alla Società Francese di Chirurgia della caviglia e del piede. Svolge la propria attività professionale presso la Casa di Cura ARS MEDICA in Via Cesare Ferrero di Cambiano, 2900191 ROMA. Prenota una visita specialistica al numero +39 335 766 2164 o invia una mail all’indirizzo info@footsurgery.it.