Epidemiologia
Si stima che il 40% della popolazione degli Stati Uniti soffra di alluce rigido. Se consideriamo i pazienti con età superiore ai 50 anni, ben una persona su 40 soffre di una forma localizzata di artrosi della prima metatarsofalangea!
Con il termine alluce rigido, infatti, ci si riferisce ad una forma di osteoartrite primitiva di questa articolazione; e rappresenta la causa più frequente di artrosi al piede. La progressione dell’artrosi dell’alluce è associata a dolore e perdita di movimento.
Eziopatogenesi
La causa dell’alluce rigido non è chiara. Mentre l’artrite può essere causata da lesioni traumatiche o iatrogene che causano direttamente danni alla cartilagine articolare dell’articolazione metatarsofalangea, più comunemente l’eziologia è idiopatica, cioè sconosciuta. Sicuramente è presente una certa familiarità, in quanto in quasi dei 2/3 dei pazienti vi era un genitore o un parente prossimo con la medesima patologia. Inoltre, questi pazienti sviluppano spesso una patologia bilaterale, spia di una predisposizione genetica, più che di un fattore esterno.
Alcuni parametri morfometrici possono predisporre allo sviluppo di alluce rigido, ad esempio una particolare conformazione della testa del metatarso, un metatarso addotto (un piede “spezzato” che guarda verso l’interno) o la presenza di un alluce valgo (non infrequente è infatti l’associazione di un alluce valgo-rigido).
Altri fattori implicati con lo sviluppo di questa patologia sono la gotta o la presenza di una qualsiasi artropatia sieronegativa.
Studiando la letteratura si è visto che non esistono, invece, associazioni con l’usura delle scarpe, la tensione achillea o il metatarso primus elevatus (un primo metatarso che sbandiera verso l’alto).
Mentre l’alluce rigido progredisce, talvolta lentamente, altre volte in maniera impetuosa, il normale equilibrio che esiste tra testa del primo metatarso e prima falange viene interrotto, portando a uno scivolamento della falange prossimale sulla testa metatarsale. Gli osteofiti, protuberanze ossee sinonimo di artrosi,
si formano preferenzialmente sulla superficie dorsale e sono generalmente a forma di ferro di cavallo. Queste formazioni ossee aumentano la superficie articolare così da distribuire meglio i carichi, il rovescio della medaglia, però, è una limitazione sempre maggiore della gamma di movimento, principalmente con dorsiflessione.
Nelle forme iniziali di questa patologia parleremo, quindi, di hallux limitus, cioè alluce limitato, in quanto vi è ancora una ridotta mobilità seppur con dolore. In questi casi la rigidità è spesso dovuta ad una retrazione delle strutture muscolo-tendinee, più che di un’alterazione dell’osso.
Nelle forme avanzate, invece, parleremo di hallux rigidus, cioè alluce rigido; una progressiva perdita di movimento sino alla completa anchilosi. A dispetto di quello che si possa immaginare, l’assenza di movimento non è sinonima di assenza di dolore. Un certo micromovimento permane e questo genera nel paziente dolori atroci.
Manifestazione clinica
I pazienti presentano in genere una storia di dolore e rigidità che è peggiore durante l’attività sportiva o comunque durante la deambulazione. I movimenti che maggiormente sollecitano il primo dito, come fare le scale, la corsa o le flessioni sono quelli che risultano più dolorosi per il paziente. I sintomi migliorano spesso con scarpe con suola rigida, come stivali, e peggiorano con scarpe a suola flessibile come scarpe da tennis e sandali.
Altri sintomi meno frequenti sono la presenza di intorpidimento e parestesie a livello dorsale del piede. Queste sono dovute a compressione di piccoli rami nervosi da parte degli osteofiti dorsali.
Clinicamente si apprezza una tumefazione localizzata all’articolazione metatarsofalangea a livello dorsale e gli osteofiti possono essere spesso palpati; questi ultimi appaiono come protuberanze dure dalle creste ossee. La palpazione di queste zone evoca un forte dolore, che diviene feroce alla mobilizzazione del primo dito. Il dolore generato dalla compressione della prima articolazione metatarsofalangea, noto anche come “test di macinazione” può indicare un’artrite più avanzata e severa. In queste forme più progredite si può notare anche uno svettamento della falange ungueale verso l’alto, dovuto all’eccessiva rigidità dell’articolazione precedente.
Diagnosi radiologica
Oltre un’attenta valutazione clinica è essenziale visionare adeguate radiografie antero-posteriori (AP), oblique e laterali; possibilmente eseguire sotto carico. Nella vista AP, è facile notare come lo spazio articolare risulta diminuito con l’appiattimento e la testa del metatarso appare allargata e deformata dagli osteofiti. Nella vista laterale, però, è possibile meglio osservare gli osteofiti dorsali sulla base della falange prossimale e la testa metatarsale. Sulla base della radiografia è possibile classificare l’alluce rigido in tre/quattro gradi secondo Coughlin e Shurnas. Una corretta valutazione ed inquadramento di patologia è essenziale al fine di decidere il trattamento adeguato.
Intervento chirurgico nella rigidità della protesi di caviglia
La chirurgia di revisione della protesi della caviglia mette il paziente a rischio di complicanze qual i rischi di subire un anestetico, infezioni, sanguinamento, danni alle strutture intorno alla caviglia già operata, e dolore. La chirurgia di revisione ha anche un costo enorme per il servizio sanitario nazionale, inclusi il tempo del chirurgo e l’uso della sala operatoria. La riabilitazione necessita di particolari attrezzature e una prolungata fisioterapia.
Contatta Il Dott. Scala
Il Dott. Andrea Scala ha conseguito il suo diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso la Università Cattolica del S. Cuore – Policlinico “A. Gemelli” di Roma con la discussione della tesi sperimentale, elaborata presso l’Istituto di Clinica Ortopedica diretta dal Prof. G.F. Fineschi, dal titolo: “Studio delle modificazioni cellulari indotte dai metalli di comune impiego in Chirurgia Ortopedica”, riportando il massimo dei voti. E’ specialista in Traumatologia e Ortopedia, specialista in Medicina dello Sport. Dal 1984 al 1988 è stato Assistente del Prof. Pisani nell’Ospedale di Alba (CN), il primo in Italia specializzato nella cura delle patologie della Caviglia e del Piede. Il Dott. Andrea Scala nel 1998 ha impiantato per primo la Protesi di Caviglia a Roma. Grazie ai numerosi anni di esperienza nel settore, alla formazione continua e alla pratica chirurgica effettuata in prestigiosi Centri Ospedalieri e Universitari italiani ed esteri, il Dott. Scala garantisce ai propri pazienti risultati eccellenti, ottenuti attraverso tecniche chirurgiche innovative, accurati studi sul singolo caso clinico e attuazione di terapie di ultima generazione per agevolare e accelerare la rigenerazione dei tessuti.I trattamenti per cui è specializzato sono:
Protesi caviglia
Piede paralitico
Malattia di Haglund
Alluce valgo
Legamenti della caviglia
Alluce rigido
Piede piatto
Neuroma di Morton
Il Dott. Scala è l’unico chirurgo ortopedico specialista italiano iscritto alla Società Francese di Chirurgia della caviglia e del piede. Svolge la propria attività professionale presso la Casa di Cura ARS MEDICA in Via Cesare Ferrero di Cambiano, 2900191 ROMA.
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